The Day After: alcune riflessioni

Gli spazi sociali in queste prime giornate di crisi globale sono al centro della repressione in molte città. Questo
autunno, dal nord al sud d’italia, ha visto diversi sgomberi e azioni
da parte delle istituzioni, siano esse gestiste da pdl o pd, volte a
reprimere o criminalizzare storiche o nuove esperienze di autogestione.
In questa fase attaccare uno spazio sociale vuol dire tentare
di sottrarre al conflitto e all’antagonismo uno strumento decisivo per
la ricomposizione politica giovanile, del precariato e della
soggettività migrante,
vuol dire sottrarre quello strumento
che da circa 30 anni a questa parte da la possibilità di costruire
percorsi politici e culturali autonomi e antagonisti.

Che Bologna fosse la cavia predestinata su cui sperimentare le
politiche securitarie e ultra-autoritarie adeguate alla fase si è
chiarito in questi anni di amministrazione Kofferati. Forte in prima
battuta del consenso "a sinistra" e del suo carisma personale, il sig.
Kofferati si è poi lanciato con grande energia e passione sul terreno
della cosi’ detta legalità, dichiarando di fatto guerra ai soggetti
deboli e precari che abitano la metropoli.
Troppo spazio prenderebbe l’elenco delle vittime della guerra per la
"legalita’" fatta dal sindaco sceriffo, in questa occasione quello che
ci preme socializzare è che la proposta antagonista bolognese ha fin da
subito smascherato questo progetto e lo ha fatto oggetto di critica e
forte opposizione sociale.
Il sindaco sceriffo di Bologna ha
di fatto preparato il terreno al ministro Maroni e qui in città ha
anticipato le misure di emergenza crisi che passano anche sotto il nome
di pacchetti sicurezza.

La manifestazione del 6 ottobre scorso, forte di un’ampissima
partecipazione cittadina e nazionale aveva saputo decretare dal basso
il rifiuto radicale alle sperimentazioni sociali del sindaco Kofferati.
In
completa autonomia dai partiti il blocco antagonista scendeva in piazza
per difendere gli spazi sociali e contestare il modello cofferatiano.

Le due settimane di sgomberi e repressione che hanno colpito il
Laboratorio Crash! si iscrivono all’interno di questa storia, che è la
storia della guerra per la legalità ma anche, e quello che ci interessa
di piu’, la storia dell’antagonismo e della costruzione dei blocchi
dell’opposizione sociale. Lo sgombero avvenuto ieri mattina (3
dicembre) è il tentativo dell’amministrazione di mettere la firma sulla
fine di questa storia,
facendolo con il ricorso ai manganelli e alle cariche della polizia, peccato
per loro che ieri, come sempre, quella firma l’abbiano messa i compagni
e le compagne antagoniste della città che resistendo e avanzando contro
la polizia sono riusciti a rispondere allo sgombero e a conquistarsi il
centro cittadino, bloccandolo per ore e occupandolo con i discorsi e le
pratiche del conflitto, del contropotere e dell’autonomia.

 

Da Bologna cavia del laboratorio kofferati fino all’italia del nuovo
governo berlusconi il segnale forte che emerge dagli spazi sociali è
che la ricchezza poltica e culturale che li abita non siamo disposti a
venderla o lasciarla indifesa.
Ieri pomeriggio mentre qui a Bologna resistevamo all’ennesima carica,
le prefetture, le piazze, e le strade di molte città d’italia venivano
presidiate da collettivi e centri sociali.
Una sorta di prova
tecnica già incisiva e forte della pratica della solidarietà in tempi
di crisi. Come compagni e compagne del Laboratorio Crash! salutiamo
questo primo evento politico di carattere nazionale, assicurando fin da
subito mobilitazione, presenza e comunicazione qui a Bologna qualora in
qualsiasi altra città venisse messa in discussione la presenza di uno
spazio sociale. Abbiamo forse il privilegio di vivere in una città
laboratorio, una città che anticipa sulla pelle di migranti, studenti,
precari e proletari le politiche di controllo, sfruttamento e
repressione del futuro. Questo "privilegio" lo vogliamo come in passato
anche questa volta condividere con tutti e tutte quelli che a questa
politiche vogliono opporsi, e lo vogliamo fare ripartendo
proprio da quello strumento eccezionale che i movimenti antagonisti
hanno saputo costruire tra la determinazione del conflitto e la gioia
della riappropriazione: gli spazi sociali.

 

Ribaltare la situazione, si puo’! Lo dobbiamo fare!
Bologna inizia a vedere le sue strade sgomberate dalla socialità e
dalla cultura costruita dal basso; attraverso provvedimenti mirati a
colpire i luoghi di aggregazione, i territori stanno diventando luoghi
dove iniziano a farla da padrone fascisti, razzismo, omofobia e
intolleranza. Contro questa dinamica che attraversa non solo Bologna,
ma anche l’Italia, sappiamo che la nostra presenza militante nei
territori, e la nostra capacità di sperimentare linguaggi, culture,
musiche e forme di aggregazione all’interno e fuori dai centri sociali
è la risorso necessaria e adeguata.

Oggi in tempi di crisi globale lo slogan che il movimento
No-Gelmini sta facendo riecheggiare nelle piazze Italiane "Noi la
vostra crisi non la paghiamo!" si sta traducendo da tempo in pratiche
concrete di riapporiazione diretta che incidono sui meccanismi reali
della speculazione finanziaria e della rendita affermando con forza che
d’ora in poi "La crisi la pagate voi!".
I movimenti di lotta
per la casa contro la speculazione finanziaria/immobiliare, le
popolazioni in rivolta contro gli inceneritori ed i rigassificatori, i
territori in rivolta della Val di Susa contro la TAV e di Vicenza
contro le basi di guerra, segnano conflitti che mettono in crisi le
politiche di guerra, del workfare e della messa a valore della vita
intera di tutti e tutte noi. Ad un capitalismo che fa della precarietà
lavorativa e di vita una condizione strutturale e che mette a lavoro
differenze, linguaggi, saperi e sentimenti, la sua messa in crisi in
tempi di crisi passa attraverso la riappropriazione di quote di
ricchezza sociale che tutt* noi creiamo ma di cui veniamo espropriati,
dirottata com’è in decreti salva-banche e piani di recupero di
Alitalia, all’insegna della privatizzazione dei guadagni e della
socializzazione delle perdite.

Ripartire dai centri sociali significa riappropriarsi di spazi
sottraendoli agli immobiliaristi ed alle finanziarie, restituendoli ai
precari, i legittimi proprietari, e facendo di questi luoghi di
creazione autonoma di linguaggi, bisogni e desideri; nodi territoriali
che rompano con la circolazione del capitale e che sappiano imporre
quella delle lotte e dei conflitti reali.

Laboratorio Crash!

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